Il lievito madre, conosciuto anche come pasta madre o lievito naturale, è un ingrediente fondamentale nella panificazione tradizionale. Non è solo un agente lievitante, ma un vero e proprio simbolo di un’arte culinaria che si tramanda da secoli. Creazione e Nutrimento La creazione del lievito madre è un processo semplice ma ricco di soddisfazioni. Inizia con l’unione di acqua e farina, che, lasciate fermentare, danno vita a una coltura di lieviti e batteri lattici. Questi microrganismi sono i veri artefici della magia del lievito madre, responsabili non solo della lievitazione ma anche del sapore caratteristico del pane. Il Primo Rinfresco Dopo i primi giorni di fermentazione, il lievito madre richiede un “rinfresco”, un processo di nutrimento che assicura la sua crescita e vitalità. Si rimuove una parte del lievito, si aggiunge nuova farina e acqua, e si impasta fino a ottenere un composto omogeneo. Questo passaggio è cruciale per mantenere il lievito attivo e pronto per la panificazione. Conservazione e Riattivazione Una volta maturo, il lievito madre può essere conservato in frigorifero, dove richiederà rinfreschi meno frequenti. Quando si desidera utilizzarlo, è necessario riattivarlo con un rinfresco a temperatura ambiente, permettendogli di raddoppiare di volume prima dell’uso. Un’eredità da Coltivare Il lievito madre non è solo un ingrediente, è un’eredità. Ogni lievito madre è unico, riflettendo le caratteristiche dell’ambiente in cui vive e delle mani che lo curano. Coltivare il proprio lievito madre significa partecipare a una tradizione millenaria, creando qualcosa di personale e condivisibile. Il lievito madre ci insegna pazienza, cura e rispetto per i tempi della natura. È un invito a rallentare e a godere del processo tanto quanto del prodotto finito. Che tu sia un panificatore esperto o un principiante, il lievito madre è un compagno di viaggio che arricchisce ogni esperienza in cucina.
Casatiello vs Tortano: Una Tradizione Culinarie Napoletana
La cucina napoletana è famosa per la sua ricchezza e varietà, soprattutto quando si tratta di piatti tradizionali legati alle festività. Due delle pietanze più emblematiche di questa tradizione sono il Casatiello e il Tortano, due lievitati salati che, nonostante le apparenze simili, nascondono differenze sostanziali sia nella preparazione che nella storia. Origini e Storia Il Casatiello è un pane ricco e saporito, la cui prima definizione risale al vocabolario Napoletano-Italiano di Raffaele D’Ambra del 1873. D’Ambra descrive il Casatiello come un pane condito con sugna o strutto e pepe, avvolto in forma di grossa ciambella, con uova intere, mezzo incavate nell’impasto e ricoperte in cima da fettucce sistemate a croce. Questa descrizione non solo ci offre un’immagine chiara del piatto ma sottolinea anche l’importanza simbolica delle uova e della loro disposizione, che richiama la corona di spine di Gesù. Al contrario, il Tortano, spesso considerato il “cugino ricco” del Casatiello, non ha una definizione storica altrettanto precisa. Tuttavia, si sa che il Tortano è anch’esso un lievitato salato, ma si distingue per la presenza di salumi nel suo ripieno, in particolare il salame napoletano, e per la sua crosta liscia senza uova in superficie. Una curiosità che circonda il Tortano è l’origine del suo nome. Una teoria suggerisce che il nome “Tortano” derivi da “torta-no”, indicando che, nonostante la sua forma possa ricordare quella di una torta, il Tortano è in realtà un lievitato salato molto più ricco e complesso e la sua forma a ciambella nasce da più cordoni di pasta prima arrotolati e poi attorcigliati tra loro. Questa spiegazione, sebbene affascinante, non convince tutti gli studiosi e rimane una delle tante ipotesi legate alla ricca storia culinaria di Napoli. Differenze nella Preparazione A livello di ingredienti, il Casatiello si caratterizza per l’abbondante uso di formaggio, in particolare pecorino e parmigiano, mescolato con pepe e cicoli di maiale, oltre che la sugna. Il nome stesso “Casatiello” deriva dal latino “caseum”, che significa formaggio. Il Tortano, invece, pur condividendo alcuni ingredienti con il Casatiello, come la farina, lo strutto e il pepe, si arricchisce di salumi vari, che ne fanno un piatto più sostanzioso e variegato nel gusto. Simbolismo e Tradizione Entrambi i piatti sono profondamente legati alla tradizione pasquale e ai simboli della rinascita e della resurrezione. Le uova, in particolare, rappresentano la vita nuova e la speranza, mentre il pane simboleggia il corpo di Cristo. La forma a ciambella di entrambi i lievitati è un richiamo alla corona di spine, un simbolo della Passione di Cristo che si trasforma in un gesto di condivisione e celebrazione durante la festa di Pasqua. Curiosità Una curiosità legata al Casatiello è la sua possibile origine romana. Si ritiene che l’antenato di questo lievitato fosse preparato in onore di Cerere, la dea della fertilità, per celebrare l’arrivo della primavera e augurare prosperità nei campi. In conclusione, Casatiello e Tortano sono molto più di semplici pietanze: sono espressioni di una cultura e di una storia che si tramandano attraverso i sapori e i gesti di chi li prepara, mantenendo viva una tradizione che affonda le radici nel cuore dell’identità napoletana.
I Prefermenti
I prefermenti pizza sono degli impasti di acqua, farina, lievito e sale lasciati fermentare a temperatura controllata per un periodo di tempo prima di essere utilizzati per preparare un impasto di pizza. Lasciando fermentare gli ingredienti a temperature specifiche, si ottengono delle caratteristiche uniche nell’impasto finale di pizza come maggiore lievitazione, migliore digeribilità, aromi particolari. I prefermenti più comuni per la pizza sono la biga e il poolish. La biga è un impasto solido e compatto, con poca acqua. Si ottiene mescolando farina, lievito e acqua a temperatura ambiente (16-18°C). La biga conferisce all’impasto finale crosta fragrante e mollica soffice. Il poolish è un impasto liquido e molto liquido, composto da una parte di farina e una parte di acqua a temperatura ambiente. Il poolish rende l’impasto estremamente soffice e digeribile, con aromi di lievito ben percepibili. Per preparare i prefermenti e utilizzarli nell’impasto di pizza si possono seguire due metodi: Il metodo diretto: si uniscono subito tutti gli ingredienti (farina, lievito, sale, olio, acqua) per preparare l’impasto a temperatura ambiente. È veloce ma l’impasto lievita e si arricchisce di aromi in modo minore. Il metodo indiretto: si prepara prima il prefermento (biga o poolish) a temperatura ambiente, poi si aggiunge all’impasto insieme al resto degli ingredienti (farina, lievito, sale, olio, acqua) a temperatura ambiente. Questo metodo richiede più tempo ma dona all’impasto e alla pizza caratteristiche organolettiche superiori. In conclusione, utilizzare i prefermenti permette di ottenere una pizza con caratteristiche uniche sia nell’aspetto che nel gusto. Bisogna però considerare il tempo a disposizione, le proprie attrezzature e le temperature di fermentazione per decidere se utilizzare il metodo diretto o indiretto. Buona fortuna e buona pizza!
Impastologo
Il pizzaiolo fa le pizze, il pasticciere i dolci, il panettiere il pane… e chi fa gli impasti per le torte salate, le focacce e le brioches rustiche? Questo ruolo spesso viene sottovalutato, ma è di fondamentale importanza nella preparazione di molti piatti. Termine impastologo La parola “impastologo” non è comune e non si trova nei dizionari ufficiali della lingua italiana, ma potrebbe essere utilizzata per descrivere una persona che è esperta in impasti o un amatore che si occupa di analizzare e studiare le proprietà degli impasti. In questo senso, “impastologo” potrebbe essere considerata una parola inventata o un neologismo che cerca di esprimere un concetto specifico. In sintesi, un impastologo potrebbe essere un professionista o un amatore che ha competenze e conoscenze approfondite riguardo alla preparazione degli impasti, alla loro consistenza, alle proprietà chimiche e fisiche dei vari ingredienti e all’ottimizzazione dei processi produttivi. Potrebbe essere un appassionato di cucina che ha una grande esperienza nella preparazione di impasti e nella loro analisi. Considerazioni Io direi quindi che l’impastologo conosce alla perfezione gli ingredienti e le tecniche di lavorazione degli impasti, e utilizza attrezzature specifiche come planetarie e impastatrici per creare prodotti di alta qualità. Ma l’impastologo non si limita a mescolare gli ingredienti: è un vero e proprio artista dell’impasto. Utilizzando farine di diversi tipi e aggiungendo ingredienti come lieviti, uova, burro e formaggi, l’impastologo riesce a creare impasti dal sapore unico e irresistibile. Inoltre, l’impastologo lavora con precisione e cura, creando prodotti da forno di alta qualità che soddisfano i palati più esigenti. Insomma, l’impastologo è una figura fondamentale nella preparazione di molti prodotti da forno, e merita di essere riconosciuto come tale. Figure professionali Magari la figura dell’impastologo oggi è la stessa che poi perfeziona il prodotto come nel caso del pizzaiolo o del pasticciere… Ma chi invece lo fà a casa? Può definirsi tale… Ecco perchè ho pensato che un amatore degli impasti tutti i tipi di impasto possa definirsi “impastologo” Quindi, la prossima volta che andate in una panetteria o in una pasticceria, o in pizzeria ricordate di ringraziare anche l’impastologo per il suo lavoro semmai ci fosse
World Pizza Day: la festa della pizza e del suo patrono
Il 17 gennaio è una data speciale per tutti gli amanti della pizza, soprattutto per quelli che apprezzano la vera pizza napoletana, riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. In questo giorno si celebra infatti il World Pizza Day, una giornata mondiale dedicata a questo piatto simbolo della cucina italiana, che ha le sue origini e la sua tradizione nella città di Napoli. Ma perché proprio il 17 gennaio? La risposta è legata a un altro evento che si svolge in questa data: la festa di Sant’Antonio Abate, il santo protettore dei pizzaioli e di tutte le professioni che usano il fuoco. È considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il patrono degli animali. Secondo la leggenda, Sant’Antonio Abate ha anche donato il fuoco agli uomini, rubandolo all’inferno, per scaldarli e permettere loro di cuocere il cibo. La tradizione vuole che il 17 gennaio si portino gli animali domestici nelle piazze per farli benedire dai sacerdoti. L’idea di celebrare il World Pizza Day il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, è nata dall’AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana) che ha voluto riscoprire una tradizione antica e valorizzare la pizza napoletana come espressione della cultura e dell’identità partenopea. Se anche tu sei un appassionato di pizza, non puoi perderti il World Pizza Day e se vuoi imparare a fare la vera pizza a casa tua, segui la nostra community e scopri tutti i segreti dell’impasto, della lievitazione e della cottura. Buon World Pizza Day a tutti.
Perché la pizza può causare sete e disagio digestivo
Ciao a tutti gli amici dell’impastologia! Oggi voglio parlarvi di un argomento che riguarda uno dei nostri piatti preferiti: la pizza. Avete mai notato che dopo averla mangiata, può venire una forte sete e la digestione può risultare un po’ difficile? Beh, non siete soli! In realtà, la colpa di questi disagi non è della pizza in sé, ma piuttosto della sua preparazione. Ma cosa succede durante la preparazione della pizza che può influenzare la nostra sete e la digestione? Innanzitutto, dobbiamo capire che la pizza è il risultato di due importanti processi: la lievitazione e la maturazione dell’impasto. nn Durante la lievitazione, l’impasto aumenta di volume grazie all’azione fermentativa del lievito. Questo processo produce acqua e anidride carbonica, che rimangono intrappolate nella struttura proteica del glutine. La lievitazione può avvenire in tempi rapidi, ma è solo una parte del processo. nn La maturazione, invece, è una fase in cui gli enzimi presenti nella farina scompongono gli amidi e il glutine. Questo processo richiede più tempo e dipende da diversi fattori, come la qualità della farina, la temperatura ambiente e il tempo di lievitazione. Con farine forti, ad esempio, il tempo di maturazione si allunga e si rende necessario rallentare la lievitazione, mettendo l’impasto a bassa temperatura per diverse ore. nn Ora, la cosa importante da capire è che una preparazione frettolosa e imprecisa può compromettere sia la lievitazione che la maturazione dell’impasto. Questo può influire sulla digeribilità della pizza e causare sete. Quando l’impasto non è stato adeguatamente maturato, può risultare indigesto e stimolare la sete. Inoltre, l’aggiunta di sostanze rinforzanti o un eccesso di enzimi può avere effetti negativi sulla qualità dell’impasto e sulla sua digeribilità. nn Un altro fattore che può contribuire alla sete è l’eccessiva quantità di sale usata per compensare una scarsa maturazione. Questo difetto può essere subito percepito al palato. nn Oltre alla preparazione dell’impasto, anche la cottura gioca un ruolo importante nella digeribilità della pizza. Una cottura adeguata, con una temperatura elevata, contribuisce a rendere la pizza più digeribile. Quindi, in conclusione, se desiderate una pizza che sia facilmente digeribile e non vi faccia venire sete, è importante prestare attenzione alla preparazione dell’impasto. Assicuratevi di concedere il giusto tempo per la lievitazione e la maturazione, utilizzando ingredienti di alta qualità. Inoltre, evitate l’aggiunta eccessiva di sostanze rinforzanti e controllate la quantità di sale utilizzata. nn Spero che questa spiegazione vi abbia dato una migliore comprensione del motivo per cui la pizza può causare sete e disagio digestivo. Ricordate che la pizza è un’arte culinaria che richiede tempo e attenzione per ottenere risultati gustosi e facilmente digeribili. Buon impasto a tutti!